Una storica faida, due contadini innocenti e persino una turista francese che avrebbe visto l’auto con dentro gli assassini. Ha tutti i contorni del giallo, il quadruplice omicidio del 9 agosto scorso a San Marco in Lamis. Un rompicapo per procura di Foggia, DDA e forze dell’ordine. Innanzitutto cosa ci faceva Mario Luciano Romito da Manfredonia in quel territorio. E chi lo avrebbe venduto ai killer? Lo scenario più accreditato porta alla guerra tra i clan Libergolis e Romito, in conflitto dal 2009. I Libergolis non avrebbero mai perdonato il presunto ruolo di confidenti dei carabinieri ricoperto dai Romito. Soffiate che portarono a pesanti condanne nel processo alla mafia del Gargano. Dunque il boss andava eliminato. Dopo alcuni tentativi falliti in passato, stavolta chi voleva ucciderlo è riuscito nell’intento. I mandanti dell’omicidio hanno atteso la scarcerazione, giunta appena 6 giorni prima dell’agguato, poi lo hanno colpito a morte dilaniandolo sul capo come già accaduto per il fratello Franco nel 2009. Mario Luciano Romito era tornato libero grazie alla decisione del tribunale del Riesame che aveva ritenuto insufficienti le prove a suo carico per la rapina a un portavalori.
Insomma, una vendetta dietro la strage del 9 agosto? Può darsi. Pare che Romito e il cognato Matteo De Palma, 44enne incensurato e autista del boss in quanto a quest’ultimo, sorvegliato speciale, era stata revocata la patente, si stessero recando nell’Alto Tavoliere per delle commissioni, si vocifera per una compravendita auto. Avevano in agenda anche un appuntamento nel luogo del massacro? Nel frattempo ci sarebbe già qualche sospettato. Un uomo dei Libergolis, ad esempio, risulta desaparecido dal giorno della strage. Incessanti le perquisizioni dei carabinieri, con l’ausilio dei “Cacciatori di Calabria”, giunti per dare man forte alle indagini come annunciato dal ministro Minniti. Occhio, infine, ai tabulati telefonici per risalire a eventuali conversazioni intercorse dal boss.
La pista della droga
Il ritorno in libertà del capomafia, potrebbe aver indotto qualcuno ad eliminarlo per spazzare via un pericoloso concorrente nel traffico di droga tra Gargano e Albania. Qui si incastra il ruolo di Vieste e dei clan dell’area nord del promontorio, intenti a dominare le coste per gestire il business degli stupefacenti in un regime di monopolio. Negli anni Novanta erano proprio i Romito a controllare i traffici da costa a costa, soprattutto per quanto riguardava il contrabbando delle sigarette.
Il possibile scambio di persone
Ha scioccato l’Italia intera la morte di Luigi e Aurelio Luciani, 47 e 43 anni, fratelli contadini di San Marco in Lamis. I due – titolari di un’azienda agricola poco distante dalla zona dell’agguato – sarebbero stati uccisi perchè testimoni involontari della carneficina. Ma potrebbero anche essere stati erroneamente scambiati per guardaspalle di Romito o per le persone con cui il boss aveva l’appuntamento. Forse a “tradire” i killer, il Fiorino pick up bianco, simile ad un allevatore della zona noto alle forze dell’ordine.
La turista francese
Quattro uomini armati e incappucciati dentro una Ford Kuga. Questa la scena apparsa agli occhi di una turista francese pochi attimi prima dell’agguato mafioso. La donna, terrorizzata, ha riferito quanto visto ad alcuni vigili urbani incrociati in strada, in seguito si è recata dai carabinieri per la denuncia. Ora la sua versione è agli atti dell’inchiesta. La Kuga, invece, risultata rubata il giorno prima a Trani, è stata ritrovata bruciata a pochi chilometri dal luogo della strage. Era effettivamente l’auto utilizzata dai sicari.