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Viaggio nel quartiere ferrovia, in crisi pure “Nerone”. “Clienti in calo, la gente ha paura”

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di ANTONELLA SOCCIO

“L’ordinanza potrebbe rivelarsi una goccia nel mare, non dico che sia troppo tardi, ma se non ci diamo una mossa, la zona sarà persa per sempre”. Il giovane barista e titolare della Caffetteria Italiana, Alessio Bredice, vuole ardentemente essere ottimista sull’ordinanza antibivacco nel Quartiere Ferrovia del sindaco Franco Landella, ma, nonostante tutti gli interventi, la percezione di degrado e di abbandono nell’area resta forte. E non solo nella famigerata Via Podgora o sul Viale della Stazione. Come spiega la commerciante del negozio di fiori “Petali”, i punti vendita italiani sono ormai pochissimi.

Alessio Bredice

Sarà per la pressione salviniana in Consiglio comunale da un lato e per le elezioni politiche alle porte dall’altro, ma l’atto del primo cittadino appare finalmente una risposta legalitaria ai disagi dei residenti e commercianti che “resistono” all’imbarbarimento della convivenza civile tra italiani e comunità straniere.

“Ho aperto circa un anno fa, sin dall’inizio ho fatto vedere di non avere paura, per fortuna ho una bella clientela selezionata, le persone ubriache stanno distanti dal mio esercizio”, continua Alessio. La sua è stata una scommessa, racconta, ha aperto nel Quartiere Ferrovia perché credeva e in parte crede ancora che la zona possa avere delle chance di ripresa. “I costi degli affitti sono più bassi, il locale era ben messo e ci sono ancora, nonostante tutto, tanti studi professionali di proprietà. Quando ho aperto ero molto fiducioso, ma mi sto ricredendo. È come se lo Stato voglia abbandonare il fenomeno migratorio, è come se per loro il problema non esista o forse fanno finta di non vedere. Posso pensare che forse a loro fa comodo, perché anche quando chi delinque viene arrestato non riescono a mandarli via, restano col foglio di via in tasca. A cosa serve? Dovrebbero accompagnarli all’aeroporto e portarli a casa”.

“La zona è inquinata dal bivacco e dalla permanenza di gente che non ha gli elementi educativi per comportarsi come ci aspettiamo noi, ma i clienti cerchiamo di trattenerli grazie a TripAdvisor e al buon trattamento, con la continuità a lavorare per bene”, spiega il ristoratore Torquato Lo Mele de L’Osteria del Grano Arso. Da qualche tempo ha anche investito in un gioco di carte, che ha fatto stampare in Francia e vende online. Ma il ristorante resta il suo core business. Il sabato è pieno. “Alcuni pensano che la zona è malfamata, ma fortunatamente i clienti non si sono persi. C’è sempre ricambio, siamo aperti anche a pranzo, facciamo un menu idoneo per chi lavora a 12 euro. Questo ci aiuta a tenere in piedi l’attività”. A suo avviso, è difficile dare suggerimenti all’amministrazione, perché l’interlocutore pubblico “non è molto presente”. “Qui serve anzitutto la segnaletica stradale: gli incidenti sono all’ordine del giorno. Poi servirebbe un po’ di verde, eliminando le situazioni di bivacco, che portano aspetti negativi”. Non ha mai pensato di trasferirsi? “Alla fine se uno opera bene, in qualsiasi zona va ad inserirsi dovrebbe avere un riscontro positivo, per ora non sento la necessità di spostarmi”, la sua risposta.

Chi ritiene di aver perso molta clientela sono le sorelle Cataldo della storica pizzeria Nerone in Via Fiume. Alessandra è schietta. Le sue parole sono acuminate, come una lama nella schiena: “Pur essendo lontani dalla zona calda, per arrivare in pizzeria devi passare per quelle vie e quindi vedere il bivacco e le persone che girano. Spesso si prova paura, perché non sai mai se sono drogati, se sono alcolizzati, comunque non sembrano avere buone intenzioni. La gente preferisce spostarsi in altre zone. Grazie a Dio, noi abbiamo un nome e riusciamo a lavorare il sabato, quando escono tutti. Ma in settimana il degrado è imbarazzante. Molti miei clienti che vivono qui da tanti anni hanno le case in vendita, di un certo valore, ma non riescono a vendere. Chi compra più un immobile al Quartiere Ferrovia? È un rischio”.

Si sente razzista? Quale sentimento prova di fronte a questa accusa che spesso viene rivolta ai residenti? “Io sono dell’opinione che non si tratta di essere razzisti: la nostra è una intolleranza verso tutto questo. Siamo stanchi, perché già la crisi c’è. Non è che non vogliamo aiutare i migranti, ma non vengono a portare un valore aggiunto al nostro lavoro, vengono a togliere non il lavoro, ma l’immagine. Anche loro hanno diritto ad una vita dignitosa, ma quella che conducono non è vita. Questo non è razzismo, è solo intolleranza. Non possiamo girare più tranquilli per strada, i nostri figli devono assistere a persone ubriache, che fanno i loro bisogni davanti alle attività, che dormono davanti alle attività, che rovistano nei cassetti dell’immondizia. Ai nostri figli cosa dobbiamo spiegare? Cosa dobbiamo rispondere quando ci chiedono: mamma perché quell’uomo sta facendo la cacca in mezzo alla strada?”.


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